giovedì 23 marzo 2017
mercoledì 8 marzo 2017
Critica di Victoria Dragone
Un 'opera - viaggio con immagini uniche ed emozioni
indimenticabili.
La pittura dell'artista Guido Mannini è una breccia nell'arte abituale, è la poesia della sabbia, del deserto, la musica della quiete, la voce della luce, i riflessi del misterioso mondo delle dune, i tramonti del colore dei sogni, il gruppo inseparabile saldato da millenni: uomo-cammello, lo sguardo filtrato dalle lontananze indomabili, l'orologio rallentato dal ritmo dell'immensità, dove la solitudine è silenzio, dove il vento lambisce i passi e li riporta la sabbia.
Guido Mannini ha passato gli anni dell'infanzia quando tutto ciò che si vede e si vive rimane impresso per sempre, nel Nord Africa; ha imparato il linguaggio delle luci e delle ombre, il segreto delle sconfinate distese sabbiose, che svelano il loro mistero solo a chi le guarda da vicino, a chi vive col corpo e l'anima in quei luoghi, e li ha dipinti con la sensibilità e la consapevolezza del gesto edificatore, del movimento specifico e scenografico.
La vita dei personaggi del deserto è reale, sobria nelle varie vicissitudini, movimentata in un continuo susseguirsi della quotidianità, abitudinaria, raccolta nella meditazione in un momento di dovuto riposo, quando l'uomo si concede il rituale di una tazza di tè versato dal bricco in una lunga scia colorata da forti essenze aromatiche.
Guido Mannini ci porta con la sua arte nella contemplazione di un mondo in cui la voce degli abitanti è attutita da un immutabile silenzio, dove vivono le intimistiche vibrazioni aperte ai caratteri forti, alle anime coraggiose, dominate da volontà, da pazienza, propense a interiorizzare le sensazioni e a lasciare libero lo sguardo e il pensiero.
VICTORIA DRAGONE
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